Con l’espressione “fermo tecnico” o “danno da fermo tecnico” si definisce quel particolare pregiudizio di natura patrimoniale subito dal proprietario di un veicolo in riparazione e derivante dall’impossibilità di utilizzare il mezzo durante il periodo di sosta forzata in officina. Ipotesi classica in cui viene in rilievo è quella del fermo del veicolo per i danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale.
1. Introduzione |
1. Introduzione
L’origine di questa posta di danno è marcatamente giurisprudenziale e piuttosto datata, tanto che le prime pronunce si rinvengono già negli anni ’50, quando però il risarcimento del “danno da fermo tecnico” era limitato al solo pregiudizio patito dalle vetture del trasporto pubblico (taxi) che venivano coinvolte in un sinistro e che, non potendo essere utilizzate nel tempo della riparazione, erano fonte di una perdita di guadagno (lucro cessante).
Con l’evoluzione della giurisprudenza, il risarcimento per “la sosta forzata in officina” è stato progressivamente esteso anche alle vetture private e non solo in riferimento al lucro cessante (cominciava infatti a farsi largo l’idea per la quale l’inutilizzabilità del veicolo fosse di per sé fonte di un pregiudizio), così che l’espressione “danno da fermo tecnico” ha inevitabilmente assunto un significato atecnico e generico, tanto da perdere univocità in termini di presupposti risarcitori e regime probatorio.
Alla luce delle ultime sentenze della Cassazione, infatti, non è più revocabile in dubbio che l’espressione “danno da fermo tecnico” non identifichi delle conseguenze pregiudizievoli ben specifiche e determinate ma che sia riferibile, a seconda dei casi, a danni diversi tra loro.
E’ assolutamente opportuno, pertanto, operare un’attenta disamina delle diverse definizioni che la giurisprudenza ha ricondotto al “danno da fermo tecnico”.
2. Definizione
Essenzialmente, per la giurisprudenza, il “danno da fermo tecnico” può assumere due significati (e natura) diversi, ai quali si ricollegano altrettanti regimi probatori.
2.1. Il danno da fermo tecnico può consistere nelle spese fisse che il proprietario del veicolo ha dovuto sostenere nonostante il mancato uso della vettura, come ad esempio il pagamento dell’assicurazione e del bollo auto, la svalutazione commerciale subita dal mezzo durante la sosta forzata in officina e, infine, il pregiudizio consustanziale al mancato godimento del bene.
Con riguardo alla prima impostazione (dalla sosta forzata deriva de plano un danno), che si può definire “classica”, si consideri
Cass. Civ., sez. III, sentenza 4 ottobre 2013, n. 22687: “è possibile la liquidazione equitativa del danno da fermo tecnico del veicolo a seguito di sinistro stradale anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso a cui esso era destinato. L’autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore”. |
Inteso in questi termini, il danno da fermo tecnico sarebbe risarcibile in via automatica, nel senso che il danneggiato che ne chiede il ristoro è tenuto a dimostrare solo i giorni di fermo del veicolo, senza dover fornire specifica prova dei pregiudizi patiti poiché questi sono da considerarsi conseguenza naturale e immediata della sosta forzata del veicolo (Un giorno di fermo tecnico corrisponde a otto ore di manodopera del riparatore per aggiustare il mezzo incidentato). Ovviamente, in seno a tale corrente giurisprudenziale è ammessa sul punto la prova contraria, nel senso di escludere il risarcimento di tale posta di danno qualora la parte controinteressata fornisca in giudizio idonea prova contraria.
Vedi Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 maggio 2012, n. 6907: “L’autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetto a un naturale deprezzamento di valore”. |
Inteso in questi termini, il danno da fermo tecnico è risarcibile in via automatica, nel senso che il danneggiato che ne chiede il ristoro è tenuto a dimostrare solo i giorni di fermo del veicolo, senza dover fornire specifica prova dei pregiudizi patiti poiché questi sono da considerarsi conseguenza naturale e immediata della sosta forzata del veicolo (Un giorno di fermo tecnico corrisponde a otto ore di manodopera del riparatore per aggiustare il mezzo incidentato). La giurisprudenza di legittimità, comunque, ammette sul punto la prova contraria, nel senso di escludere il risarcimento di tale posta di danno qualora la parte controinteressata fornisca in giudizio idonea prova contraria.
“Il danno da fermo tecnico può essere liquidato in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., indipendentemente dalla prova specifica (…..). Resta salvo il diritto della parte controinteressata di fornire la prova contraria” (Cass. Civ., sentenza n. 25558/2008). |
Inoltre, la quantificazione del danno e del relativo risarcimento può essere fatta dal giudice in via equitativa cioè una tantum, senza la necessità di calcolarne il preciso ammontare.
Vedi Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 maggio 2012, n. 6907: “è possibile la liquidazione equitativa del danno stesso anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato”. |
Per completezza appare il caso di evidenziare che tale corrente giurisprudenziale prende le mosse da un’impostazione più risalente e ben “più radicale”, in base alla quale non sarebbe necessario neppure dimostrare il periodo di sosta forzata.
La giurisprudenza degli anni 70/80 faceva ricorso al parametro dell’equità non solo per la quantificazione del danno, ma per il suo accertamento (an debeatur).
Tuttavia, il parametro dell’equità ex art. 1226 c.c. è applicabile solo sul piano del quantum, come espressamente previsto dalla norma, sicché non pare condivisibile quanto sostenuto dalla giurisprudenza più risalente (ex multis Cass. Civ., sentenza n. 4009/1978, Cass. Civ., sentenza n 3079/1983), secondo la quale l’esistenza di tale posta di danno potesse essere “valutata nella fattispecie dal giudice secondo equità e/o esperienza”, così aprendo la strada ad una concezione di danno in re ipsa, per il solo fatto del coinvolgimento in un sinistro.
Sempre in tema di equità e quantificazione del danno, i più critici (D’ARGINE) ritengono che il danneggiato sia tenuto comunque a fornire in giudizio le informazioni basilari sulle spese sostenute, affinché il giudice eserciti la propria discrezionalità nel modo migliore, rimanendo agganciato alla peculiarità della fattispecie concreta.
Sarebbe quindi utile produrre in giudizio copia dei pagamenti del bollo di circolazione e dei premi assicurativi versati, nonché valida documentazione attestante il valore di mercato del veicolo incidentato: in questo modo il giudice sarebbe in grado di liquidare un danno da fermo tecnico il più possibile vicino alla realtà, senza giungere a liquidazioni inverosimili. Nella prassi giudiziaria, tuttavia, non viene dato rilievo alcuno a tale esigenza.
In base alla seconda e più recente impostazione giurisprudenziale, il danno da fermo tecnico deve essere sempre provato, non essendo sufficiente presumerne l’esistenza per il semplice fatto che il veicolo sia stato sottoposto ad un fermo forzato.
Vedi Cass. Civ., sez. III, sentenza 31 maggio 2017, n. 13718: “In conformità al più recente orientamento, va dunque riaffermato il principio secondo cui il danno derivante dall’indisponibilità di un autoveicolo durante il tempo necessario per la riparazione, deve essere allegato e dimostrato da colui che ne invoca il risarcimento, il quale deve provare la perdita subita”. |
Le argomentazioni a sostegno di tale conclusione sono lucidamente illustrate nella sentenza di Cassazione n. 20620/2015 del 14.10.2015, in cui si è precisato che:
a) il pagamento della tassa di circolazione è sempre dovuto, in quanto a seguito delle modifiche legislative, è stata trasformata in tassa sulla proprietà e prescinde dalla circolazione del veicolo;
b) il pagamento dell’assicurazione è sempre dovuto, in quanto il rischio che il veicolo possa causare danni a terzi non viene meno durante il periodo della riparazione e, dunque ha un senso il pagamento del premio. Inoltre, durante il periodo della riparazione il proprietario potrebbe chiedere all’assicuratore la sospensione della polizza;
c) il deprezzamento del veicolo non può considerarsi automatica conseguenza della sosta della vettura per il limitatissimo periodo necessario alle riparazioni.
Tale recente impostazione si sottopone ad evidenti critiche (la proprietà dell’auto è comunque finalizzata alla circolazione; è impossibile sospendere l’assicurazione per brevissimi periodi; la svalutazione della vettura è una conseguenza connaturata alle vetture, tranne per quelle da collezione) e pertanto, benché il limitato valore economico del c.d. danno da fermo tecnico dissuade l’operatore dalla devoluzione della questione al giudice nomofilattico, il coinvolgimento di basilari questioni di diritto rende praticamente certo che nel futuro la Corte di Cassazione sarà nuovamente chiamata a rispondere sul tema.
2.2. In un’altra accezione di “danno da fermo tecnico” sono ricomprese anche le ulteriori ed eventuali poste di danno ricollegabili solo in via indiretta e non immediata alla sosta forzata della vettura, come ad esempio le spese sostenute per il noleggio di un’altra vettura (danno emergente) o l’impossibilità di eseguire una particolare attività con il veicolo, come quella lavorativa (lucro cessante). Tali poste di danno, diverse da quelle “canoniche” di cui si è già detto, non potranno essere risarcite in via automatica, dovendo il proprietario fornire la prova specifica in merito.
Vedi Cass. Civ., sez. II, sentenza 9 agosto 2011, n. 17135: “il c.d. danno da fermo tecnico (inteso in questa seconda accezione) non può considerarsi sussistente in re ipsa, per il solo fatto che un veicolo sia stato inutilizzato dal proprietario per un certo lasso di tempo” ma, al contrario, “come ogni danno, anche quello da fermo tecnico deve essere provato”. |
In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’escludere con fermezza il ricorso a qualsiasi criterio di carattere presuntivo che ricolleghi in via automatica alla sosta forzata del veicolo tali ulteriori poste di danno. Il danneggiato, quindi, oltre a provare “l’inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla (sua) disponibilità” e il danno, dovrà anche provare il nesso eziologico di causa tra l’impossibilità dell’utilizzazione del veicolo e il danno patito.
E’ evidente pertanto che, nel caso di sosta forzata del veicolo e in presenza di danni ulteriori rispetto a quelli (modesti) legati alle spese fisse (bollo auto e assicurazione) e alla svalutazione del mezzo, è sempre opportuno acquisire e conservare tutta la documentazione che dimostri adeguatamente gli ulteriori danni subiti (fattura dell’autonoleggio ecc.), senza la quale in giudizio non si potrà essere adeguatamente risarciti.
Sorgente: Fermo tecnico