Premi ridotti agli assicurati che l’accetteranno, ma resta aperto il nodo dei costi
La scatola nera non è ancora pronta a diffondersi tra gli assicurati e i provvedimenti per farla decollare davvero potrebbero finire su un binario morto. Il Dl 1/12 (convertito nella legge 27/12 il 24 marzo successivo) prevede che le compagnie assicurative possano offrire ai clienti «meccanismi elettronici che registrano l’attività del veicolo».
Il meccanismo
I loro dati possono risultare utili a ricostruire la meccanica di un incidente, a stabilire se è davvero avvenuto e dove, e contribuire a individuare eventuali guasti o malfunzionamenti del veicolo. Quindi, oltre a permettere personalizzazioni tariffaria basate sull’effettivo uso del veicolo, la scatola nera può combattere la piaga dei sinistri simulati e determinare se l’assicurato che chiede il risarcimento di un danno non abbia abitudini di guida spericolate, o se al momento del sinistro non stesse violando il Codice della Strada, per esempio guidando a velocità proibita. Dunque, il dispositivo dovrebbe essere assai gradito alle compagnie in quanto può abbattere i costi dei risarcimenti, eliminando quelli non dovuti o che nascondono illeciti. In effetti, numerose compagnie lo offrono da ben prima del decreto, con sconti sul premio a chi ne accetta l’installazione. Tuttavia, dal varo del decreto, il favore delle compagnie s’è trasformato in freddezza. Motivo: la legge accolla alle compagnie – e mai all’assicurato – i costi d’acquisto, installazione e gestione della “scatola“, e lo sconto sul premio, ora obbligatorio, deve essere “significativo” (anche se non si citano percentuali), e non più irrisorio come spesso è avvenuto finora.
I costi
Ad agitare le acque è intervenuta anche una polemica tra l’allora Isvap (oggi Ivass, l’organo che vigila sulle assicurazioni) e l’Ania, l’associazione che le rappresenta. Interpretando il decreto, il primo organismo ha parlato di “obbligo” delle compagnie nell’offrire polizze con scatola nera inclusa, mentre l’associazione ha smentito tale lettura dichiarando che si tratta solo di una possibilità per i clienti e ha ventilato l’ipotesi di incrementi dei premi dovuti all’obbligo, per le compagnie, di sostenerne i costi. In sostanza: ben vengano i dispositivi anti-truffa, ma solo se a pagarli sono gli assicurati ai quali, paradossalmente, vengono proposti dagli assicuratori come strumenti per combattere il caro-polizza. Poiché le scatole nere devono offrire requisiti minimi elevati (ad esempio, devono disporre di un modulo Gps che rilevi la posizione dei sinistri), l’Ania sottolinea anche che nelle zone d’Italia dove il numero di incidenti è proporzionalmente più contenuto che in altre, e dove quindi i premi assicurativi costano meno, l’adozione della “scatola” potrebbe farli aumentare, il contrario cioè di quanto il decreto perseguiva.
Tasselli mancanti
Tutto ciò può forse spiegare perché, dalla sua entrata in vigore, apparentemente si è fatto molto per la diffusione delle scatole nere, mentre in realtà è vero il contrario. Il decreto, infatti, prevedeva altri tre provvedimenti: un decreto interministeriale che stabilisse i requisiti minimi dei dispositivi, un altro per gli standard dell’hardware e del software per la gestione dei dati raccolti e, infine, un regolamento studiato da Ivass, ministero per la Sviluppo economico e Garante della privacy per la definizione delle modalità di gestione dei dati e di interoperabilità dei dispositivi con gli standard di ogni compagnia, per consentire all’assicurato di poterla eventualmente cambiare dopo l’istallazione.
Il primo decreto ha visto la luce il 25 gennaio 2013, il secondo è stato soltanto notificato dal Mise alla Commissione Ue nel settembre 2012 mentre del regolamento esiste solo il testo, divulgato per pubblica consultazione lo scorso 19 marzo. Insomma, solo uno dei tre provvedimenti è in vigore. Intanto, la validità del dispositivo viene proclamata da ogni soggetto interessato e se ne auspica l’obbligatorietà su tutti i veicoli di nuova immatricolazione. Una buona idea, visto che dal 2015 è prevista anche l’adozione dell’e-call, cioè una centralina che, in caso di collisione, permetta il soccorso immediato. È superfluo sottolineare che tale funzione potrebbe tranquillamente essere implementata in una scatola nera, il che porterebbe al logico passo dell’adozione di un dispositivo unico.
Autore: Sara Visconti – Il Sole 24 Ore