Falsi incidenti con la complicità dei medici degli ospedali pubblici: 4 arresti e dottori sospesi

La banda del “colpo di frusta”, così medici e periti truffavano le assicurazioni simulando falsi incidenti

Le indagini dei carabinieri hanno accertato una truffa da oltre due milioni di euro. 32 le persone indagate, quattro gli arresti. Sospesi dal servizio i dottori conniventi

Entravano letteralmente in scena dopo aver selezionato attori e figuranti. Una vera e propria associazione a delinquere in grado di simulare alla perfezione falsi incidenti stradali per poi ottenere liquidazioni e risarcimenti che variavano dai 10 ai 20mila euro. Quattro le persone che avevano organizzato la frode a danno delle compagnie assicurative, altrettanti i medici che nei pronto soccorso degli ospedali pubblici firmavano poi falsi referti con lesioni inventate accertando, in alcuni casi, l’invalidità permanente delle persone coinvolte nella truffa: colpi di frusta, danni permanenti per la mobilità, collari cervicali che poi i fantomatici feriti indossavano per non destare sospetti in caso di accertamenti dei periti assicurativi, quelli veri. Trentadue le persone indagate, reclutate dalla banda soprattutto fra i cittadini che avevano bisogno di denaro. A smascherare il sistema i carabinieri che hanno arrestato quattro persone. Quattro i dottori invece sospesi dal servizio.

La banda dell’ex perito assicurativo

A capo del sistema un ex perito assicurativo, molto conosciuto nella Capitale. Una romano di 77 anni residente a Monteverede, riuscito a guadagnare talmente tanto denaro da potersi permettere auto e ville di lusso, oltre ad una vita da nababbo. Assieme a lui un fidato collaboratore, un 50enne romano, ed altre due persone (padre e figlio entrambi romani di 59 e 29 anni). A favorire la frode quattro medici in servizio all’ospedale Sandro Pertini, al Santo Spirito, ed al presidio medico di Fregene. Dottori poi sospesi dal servizio pubblico per un periodo compreso fra i 6 ed i 12 mesi. Una frode assicurativa che dal 2018 al maggio del 2021, come accertato dagli inquirenti, è riuscita a “sfilare” alle compagnie assicurative oltre 2 milioni di euro di risarcimento.

Come funzionava la frode

Ma come funzionava il sistema dell’associazione per delinquere? In maniera oliata, quasi perfetta, organizzata nel dettaglio in varie fasi: la pianificazione del falso incidente, che prendeva avvio dalla conoscenza dei turni dei medici del pronto soccorso. Seguiva poi l’individuazione degli attori e dei veicoli da coinvolgere. Quindi una terza fase, quella della messa in scena. Poi la denuncia del sinistro (tramite Cid), la perizia del veicolo, le visite ortopediche e gli esami radiologici. Infine le visite medico legali, i falsi testimoni e la fase finale della liquidazione.

Il sistema dell’associazione a delinquere

A smascherare il sistema i carabinieri del nucleo operativo della compagnia Roma Centro che in un periodo di circa tre anni hanno accertato, tramite intercettazioni telefoniche, immagini video e fotografiche ed investigazioni vecchia maniera, una sessantina di falsi incidenti. Un sistema che iniziava con un incontro fra uno dei quattro membri del sodalizio con “l’attore di turno” in un bar della zona di Piazza Bologna. Qui gli indagati venivano letteralmente istruiti sul da farsi.

L’indagine dei carabinieri

Le indagini degli investigatori dell’arma, che si sono avvalse dello strumento delle intercettazioni telefoniche, ha consentito di raccogliere gravi indizi a carico di alcuni avvocati e medici di pronto soccorso in servizio presso gli ospedali della Capitale – con le aziende sanitarie completamente estranee ai fatti, che sarebbero stati disposti a certificare falsamente gravi lesioni patite dalle persone coinvolte, su cui l’organizzazione poteva contare.

Attori e tariffario

La consistenza dei proventi derivanti dagli incidenti stradali, generata in massima parte dai risarcimenti delle lesioni riportate dagli infortunati, dava luogo a liquidazioni comprese tra i 10.000 ed i 20.000 Euro. I vari membri del sodalizio, inclusi medici e “attori”, venivano remunerati, anche in base a un “tariffario” con compensi variabili dai 300 ai 500 euro per sinistro.

Una frode da 2 milioni di euro

L’indagine ha consentito di raccogliere elementi indiziari circa la falsità di oltre 50 incidenti stradali, ai quali avrebbero preso parte, anche occasionalmente, più di 250 soggetti. Il danno economico che si stima sia stato arrecato alle Compagnie assicurative, che hanno fornito piena collaborazione nell’indagine per le truffe ai loro danni, è quantificabile, per difetto, in oltre 2 milioni di euro.

Un’attività lavorativa

Come evidenziato dal pm, le indagini hanno portato ad accertare la falsità di una sessantina, – fra cui 20 di essi – ritenuti più significativi anche per tipo e quantità di prove raccolte. Dalla disamina delle indagini svolte è emerso un collaudato modus operandi che si articolava in varie fasi. In tale contesto la banda “con notevole spregiudicatezza e scaltrezza” ha “promosso ed organizzato l’associazione oggetto di indagine dedicandosi quotidianamente alla pianificazione di falsi sinistri stradali ponendosi alla ricerca di “attori” e messi da coinvolgere nei falsi sinistri”. “La loro è una vera e propria attività lavorativa che necessariamente prosegue nel tempo visto che è l’unica fonte di reddito. Il numero di sinistri contestati ed emersi consente di affermare con certezza che non si tratta di una attività occasionale”.

Quattro arresti e medici sospesi

Concluse le indagini, stamattina, i carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Roma Centro hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, su richiesta della procura della Repubblica, per i reati di associazione per delinquere, frodi ai danni di assicurazioni, corruzione. L’ordinanza dispone la misura degli arresti domiciliari per 4 persone e per quattro medici di pronto soccorso la misura della sospensione dal pubblico servizio per periodi di 6 e 12 mesi.

Sorgente: Falsi incidenti con la complicità dei medici degli ospedali pubblici: 4 arresti e dottori sospesi

I nostri costi aumentano: luce +300%

Parliamo sempre di perizie e di danni. Quella di oggi è la documentazione di un danno perpetrato a nostre spese. E quando dico nostre intendo di tutti le persone e le aziende che con questa fornitura ci lavorano e ci vivono.

Il nostro ufficio di Camogli (GE), ha ricevuto le ultime due bollette dell’energia elettrica e a fronte di una riduzione dei consumi del 10% rispetto alla fattura precedente, l’aumento del costo è stato del 300%.

Da 88,18 € x 387 Kw a 231,34 € x 352 Kw !!!

Oltre a ringraziare il nostro attuale Governo ed il ministro della transizione ecologica Cingolani, mi chiedo cosa c’entri la guerra in Ucraina che mi risulta ci abbia solo chiuso il gas. L’energia elettrica in Europa non si fa con le centrali elettriche nucleari, idroelettriche, eoliche, fotovoltaiche o a carbone?

Ma ci stanno truffando?   Pare di si.  ANSA “Cingolani: una colossale truffa”  e se lo dice un ministro della Repubblica Italiana è un dato di fatto. E se ci truffano non dobbiamo denunciare e chiedere i danni?

 

 

 

 

 

 

Aziende clonate per rubare il carico

Nel 2020 sono stati rubati 2435 carichi di veicoli industriali. La maggior parte degli eventi avviene tramite asportazione a camion fermo o rapina, ma stanno aumentando i casi di truffe attuate tramite il furto d’identità di un’azienda di autotrasporto. I criminali clonano la documentazione dell’impresa e si presentano a un committente con tariffe molto competitive. Una volta ottenuta la commessa, caricano il camion e spariscono. E spesso l’autotrasportatore clonato deve risarcire il danno. Come avviene questo furto di identità aziendale? Perché il trasportatore, seppure ignaro, è quello che subisce le più pesanti conseguenze? Come tutelarsi da una tale eventualità? Rispondono alle domande in questo videocast di K44 il perito assicurativo Luca Zaratin, l’avvocato Barbara Michini e il responsabile per il mercato Italia di Timocom Tommaso Magistrali.

Sorgente: K44 videocast: aziende clonate per rubare il carico – TrasportoEuropa

Genova, al Gaslini comprata una tac da 750 mila euro con i soldi confiscati ai truffatori

Garrone: “Un’apparecchiatura all’avanguardia che migliorerà l’accuratezza nelle diagnosi”. Cozzi: “Grati per l’attività che il Gaslini svolge per tutti noi”

Una tac ultra moderna, la più avanzata in Europa, comprata dal Gaslini con i soldi confiscati a una banda di truffatori di assicurazioni. La donazione, tra le prime in Italia per consistenza da una procura a un ospedale, ammonta a 750 mila euro, mentre 100 mila sono stati donati all’istituto San Marcellino. “Siamo felici di questa donazione veramente importante – hanno sottolineato Edoardo Garrone e Renato Botti,rispettivamente presidente e direttore generale dell’istituto pediatrico – che ci consente di acquisire una nuova tomografia specificamente dedicata alle attività diagnostiche sui piccoli pazienti. Siamo riusciti a dotarci di una apparecchiatura all’avanguardia che migliorerà l’accuratezza nelle diagnosi. Genova può contare su uomini dello Stato che sanno andare al di là dell’espletamento del proprio dovere”.

L’inchiesta, nata tre anni fa, era stata coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Arena, che aveva portato avanti il lavoro di polizia locale, guardia di finanza e polizia di Stato. Erano stati sequestrati beni e soldi per circa sei milioni di euro. Dalle indagini era emersa una vera e propria associazione a delinquere capeggiata da Giuseppe Tacchella che, attraverso carrozzieri compiacenti e falsi testimoni, aveva frodato diverse assicurazioni. Nei giorni scorsi ci sono stati 17 patteggiamenti, tra cui quello di Tacchella a una pena di quattro anni e otto mesi e una confisca di quattro milioni e 300 mila euro, 20 rinvii a giudizio e 20 archiviazioni.

“Come cittadini – ha sottolineato il procuratore capo Francesco Cozzi siamo grati per l’attività che il Gaslini svolge per tutti noi. E questa vicenda, con la donazione, dimostra come la giustizia a volte raggiunge risultati più che apprezzabili”

di Alessandro Bacci

Sorgente: https://telenord.it/genova-al-gaslini-comprata-una-tac-da-750-mila-euro-con-i-soldi-confiscati-ai-truffatori

Approfondimento: https://www.genovatoday.it/cronaca/gaslini-tac-donazione-tacchella.html

I nomi: https://genovaquotidiana.com/2020/06/30/truffe-alle-assicurazioni-ecco-come-operava-la-banda-del-carrozziere/

Falsi incidenti a Reggio, gli indagati salgono a 218

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è truffa-assicurazioni.pngTruffavano le compagnie assicurative simulando gravi incidenti stradali e intascando indebitamente il sostanzioso premio assicurativo. Decine e decine di sinistri fantasma costruiti a tavolino dalle menti dell’organizzazione, con base operativa proprio a Reggio Calabria, che pensava veramente a tutto. Perché per ottenere l’assegno dell’assicurazione che spettava all’automobilista per il danno subito era necessario fare quadrare ogni singolo elemento. Documenti che combaciavano, testimonianze che confermavano la dinamica dell’impatto, fotografie realistiche, certificati medici di strutture pubbliche sulle quali c’era poco da dibattere. E così, giusto i tempi tecnici della ricostruzione dei periti assicurativi, che il risarcimento – anche di 3-4 mila euro – veniva quantificato e recapitato a domicilio. Per li singoli c’erano ristori di un paio di migliaia di euro ma per l’organizzazione, che beneficiava di una percentuale del 15-20% a pratica fantasma, realizzava affari d’oro, un vero e proprio business dei falsi incidenti stradali. La Procura di Reggio, con provvedimento a firma del sostituto procuratore Nunzio De Salvo, ha chiuso le indagini che adesso vede complessivamente sotto inchiesta 218 persone, la stragrande maggioranza delle quali di Reggio, ma anche tanti compiacenti cittadini stranieri.

Sorgente: Falsi incidenti a Reggio, gli indagati salgono a 218 – Gazzetta di Reggio

Santa Maria Capua Vetere, falsi incidenti per truffare assicurazioni: coinvolti medici e studi legali

Genova, truffa alle assicurazioni: arrestato Cataldo Casciaro ed altri 39 indagati

 © ANSA

Tra gli indagati la moglie dell’uomo e altre 38 persone.

Cataldo Casciaro, l’uomo arrestato dai carabinieri per la maxi truffa alle assicurazioni, stipulava una polizza il venerdì, versando un assegno scoperto, e il giorno dopo simulava un incidente. In questo modo truffava due volte la stessa agenzia. E’ quanto hanno scoperto i carabinieri che sono partiti dalla denuncia, lo scorso ottobre, di un perito insospettito proprio dalla “velocità” con cui si era verificato l’incidente. Ad aiutare l’uomo, ex venditore ambulante, erano la moglie e quattro carrozzieri complici (tra Rivarolo e Sampierdarena) che indicavano a Casciaro i clienti dell’officina da coinvolgere nei finti incidenti. Una volta ottenuto il premio assicurativo, per cifre che andavano dai mille ai cinque mila euro, veniva diviso tra le tre parti. Gli investigatori, guidati dal capitano Michele Zitiello, hanno scoperto che Casciaro cambiava spesso assicurazioni e falsificava anche le carte di circolazione dei suoi mezzi per poter ottenere quanti più soldi possibili. I militari hanno ricostruito che il gruppo aveva frodato per almeno 27 volte le assicurazioni dal 2017 fino al 2019 racimolando circa 100 mila euro. Per gli inquirenti, però, i colpi potrebbero essere stati molti di più. (ANSA).

 

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Palermo, ecco il libro mastro dei falsi incidenti: i nomi degli arrestati nel blitz della polizia

Un momento della conferenza stampa tra polizia e guardia di finanza

Un libro mastro con diversi episodi di rotture di ossa provocati ad arte, nomi di vittime e località dell’incidente: è stato trovato durante le perquisizioni nell’ambito dell’indagine che ha permesso di sgominare due gruppi criminali che organizzavano truffe alle assicurazioni. Oltre 50 le vittime che, con i loro racconti, hanno consentito di avvalorare il quadro accusatorio nei confronti degli arrestati.

Le operazioni “Tantalo bis” della Polizia, e la “Fides” della Guardia di Finanza e della Polizia penitenziaria, hanno portato all’arresto di 42 persone, ma gli indagati sono 250.

I vertici della consorteria colpita dal provvedimento di oggi sono Carlo e Gaetano Alicata, padre e figlio, Filippo Anceschi e Salvatore Arena, l’avvocato Graziano D’Agostino, il perito assicurativo Mario Fenech, (ndr: non risulta iscritto al Ruolo Consap) Gioacchino Campora, Salvatore Di Liberto, Vittorio Filippone, i fratelli Alessandro e Natale Santoro, Alfredo Santoro, Piero Orlando, Vincenzo Peduzzo, Salvatore Di Gregorio, Domenico Schillaci detto Emanuele e Giovanna Lentini. Si occupavano di finanziare le frodi per le quali anticipavano le spese e della suddivisione tra i complici delle quote che derivavano dai risarcimenti assicurativi.

Eccoo i nomi degli arrestati dalla polizia:
1. Carlo Alicata;
2. Gaetano Alicata;
3. Filippo Anceschi detto “Il nano”;
4. Salvatore Arena, detto “Mandalà”;
5. Gioacchino Campora detto Ivan;
6. Graziano D’Agostino, incensurato
7. Rita Mazzanares;
8. Salvatore Di Ggregorio detto “Salvino”;
9. Salvatore Di Liberto;
10. Giuseppe Di Maio detto “Fasulina” ;
11. Piero Orlando, detto “Piero SH” , incensurato
12. Mario Fenech, incensurato
13. Vittorio Filippone, incensurato
14. Antonino Giglio detto “Tony ‘U Pacchiune”;
15. Gesué Giglio, incensurato
16. Vincenzo Peduzzo;
17. Alessandro Santoro;
18. Alfredo Santoro detto “Lello” ;
19. Natale Santoro;
20. Antonino Saviano;
21. Letizia Silvestri;
22. Monia Camarda;
23. Vincenzo Cataldo;
24. Orazio Falliti;
25. Gaetano Girgenti;
26. Alfonso Macaluso;
27. Benedetto Mattina;
28. Giuseppe Mazzanares;
29. Maria Mazzanares detta “Mary”;
30. Salvatore Mazzanares;
31. Mario Modica;
32. Cristian Pasca;
33. Giuseppa Rosciglione;
34. Maria Silvestri

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“Mi stanno ammazzando”: i boia spaccavano le ossa nella stanza degli orrori di via Imera

I particolari agghiaccianti che emergono dall’operazione che ha portato a 42 arresti. Finti incidenti per intascare i soldi delle assicurazioni. Le vittime, reclutate nella zona della Stazione, venivano messe su un tavolo, immobilizzate con dei mattoni e poi colpite con dischi di ghisa

Mutilavano gambe e braccia per truffare assicurazioni

Nei minimi particolari gli inquirenti hanno ricostruito 76 episodi ma, sottolinea il capo della Squadra Mobile di Palermo Rodolfo Ruperti, “i casi sono molti di più e l’inchiesta è molto più complessa”. Le vittime hanno raccontato che in alcuni casi gli ‘spaccaossa’ fratturavano gli arti anche a sette persone a sera. Gli inquirenti hanno posto sotto sequestro il Betaland Cafe, un’agenzia scommesse all’Albergheria dove venivano praticate alcune delle fratture.

Sono 42 le persone arrestate per avere organizzato una truffa alle assicurazioni con vittime compiacenti che si facevano fratturare gli arti in cambio di poche centinaia di euro. I boia non si fermavano davanti a nulla: “Mi state ammazzando… ammazzando… la gamba… ahi, ahi…”, gridava una delle vittime, Antonino B., in uno dei numerosi episodi di cruda violenza. Questa la risposta di Monia Camarda, arrestata oggi: “Non gridare…”. La mutilazione avveniva in via Imera, in una delle ‘stanze degli orrori’ usate dagli spaccaossa per fratturare gli arti alle vittime designate.

Un sedicenne tra le vittime

Neanche l’età delle vittime costituiva un deterrente per la banda. L’ultima, in ordine di tempo, un giovane di sedici anni, reclutato da un amico e pronto a farsi rompere gli arti in cambio della promessa di soldi che, molto probabilmente, non avrebbe mai visto.

“Solo qualche giorno fa abbiamo evitato che a un ragazzino di 16 anni gli venissero fratturate le ossa – spiega il capo della Squadra Mobile di Palermo Rodelfo Ruperti -. La bravura dei nostri operatori che hanno percepito le intenzioni di due dei soggetti fermati oggi, ci ha permesso di evitare un’altra vittima”. Le vittime venivano reclutate soprattutto fra le persone in difficoltà, era questo il criterio principale. “Molti sono stati reclutati alla stazione centrale di Palermo – aggiunge – dove c’erano proprio dei reclutatori che li avvicinavano raccontandogli di conoscere delle persone, gli spaccaossa, che potevano aiutarli e che sarebbero stati in grado di farli svoltare nella loro vita”.

I numeri dell’operazione

Questi i numeri dell’operazione di oggi: 250 indagati, 159 capi di imputazione, 34 fermati dalla polizia e otto dalla guardia di finanza. “Le indagini – ha aggiunto Ruperti – hanno portato a scoprire non alcuni delitti ma una vera e propria fenomenologia che si era sviluppata sul territorio di Palermo. Determinante è stata la collaborazione di tre persone arrestate ad agosto che hanno aperto uno squarcio su un sistema diffuso con un meccanismo di reclutamento di poveri malcapitati e di arricchimento per questa associazione senza scrupoli”.

I boia parlavano così: “Ho trovato 2 fidanzati…” | Video

Cinquanta le vittime compiacenti che alla fine hanno deciso di collaborare con le forze dell’ordine. “Arrivavano alla Squadra mobile con il braccio o la gamba rotti, in alcuni casi anche entrambi – racconta Ruperti -. Storie tristi di persone che si sentivano anche in colpa per avere, in un primo momento, accettato di farsi fratturare le ossa con la promessa di soldi e rimborsi che, nella maggior parte dei casi, non hanno mai ricevuto”.

Il libro mastro con i nomi

Nulla era lasciato al caso nell’organizzazione degli ‘spaccaossa’. C’era perfino un libro ‘mastro’ in cui appuntare i nomi delle vittime, le fratture e i rimborsi da riconoscere. “Ci siamo occupati di alcuni soggetti che ricoprivano il ruolo di capo e promotori dell’attività anche per quanto riguarda il reclutamento delle vittime – ha spiegato in conferenza stampa il colonnello Cosmo Virgilio, comandante del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo. Le indagini della guardia di finanza si sono concentrate anche sui patrimoni accumulati dai capi dell’organizzazione. In particolare “uno di loro, Domenico Schillaci, aveva un bar molto noto ‘Dolce Vita’ in via Brunelleschi, una Porsche e un gommone fuoribordo. Tutti beni che sono stati sequestrati d’urgenza”. Ad altri indagati, in particolare infermieri in servizio in alcuni ospedali di Palermo, sono stati sequestrati farmaci che dovevano essere utilizzati per le fratture.

Il finto incidente finito in tragedia

Emerge anche un tragico risvolto. Quello della morte di un tunisino, una delle vittime reclutate dal clan criminale. Dovevano ‘solo’ fratturargli le ossa, ma la tortura si è trasformata in un omicidio. “A quest’uomo gli erano state procurate delle fratture molto gravi – ha spiegato Ruperti -. Sembra che a un certo punto il tunisino volesse fermarsi per il troppo dolore, ma per continuare gli avrebbero somministrato del crack che gli avrebbe procurato un arresto cardiocircolatorio”. La morte dell’uomo non ha fatto desistere la banda ‘spaccaossa’. “Lo hanno comunque portato al bordo di una strada – sottolinea Ruperti – tentando di fingere un incidente stradale e istruire la falsa pratica assicurativa”.

Quei medici compiacenti

Le indagini, dicono gli investigatori, “hanno messo in luce uno spaccato criminale variegato, fatto di “reclutatori” che agganciavano le vittime tra le fasce più deboli della società; di “ideatori” che individuavano luoghi non vigilati da telecamere, veicoli per inscenare gli eventi e falsi testimoni; di “boia-spaccaossa” che procedevano alle materiali lesioni fisiche degli arti superiori ed inferiori (ai quali gli indagati si riferivano convenzionalmente come “primo piano e piano terra”); di “medici compiacenti” che vergavano perizie mediche di parte; di “centri fisioterapici” che attestavano cure alle vittime ma mai effettivamente somministrate; di strutture criminali più organizzate che acquistavano le “pratiche” mettendo al lavoro avvocati o sedicenti tali e studi di infortunistica stradale che gestivano poi il conseguente iter finalizzato al risarcimento”.

Nel danaroso business illecito, i vertici dei vari gruppi criminali “mantenevano rapporti di mutua assistenza e solidarietà, prestandosi – vicendevolmente – i propri “boia-spaccaossa” a seconda della impellenza del momento: le strutture delinquenziali individuate – seppur autonomamente costituite, promosse ed organizzate – operano nello stesso “settore”, senza interferire nei rispettivi affari ma dividendosi i proventi illeciti derivanti dai falsi sinistri stradali distintamente organizzati”. Altri gruppi criminali hanno invece mostrato una visione più strategica ed una vocazione marcatamente “imprenditoriale”, preferendo acquistare il “pacchetto” delle menomazioni per poi gestire la pratica sino alla liquidazione del rimborso assicurativo.

Le “vittime”, in preda a lancinanti dolori, venivano trasportati presso gli ospedali cittadini, all’interno dei quali la gestione della frode passava nelle mani di altre persone compiacenti che si facevano carico di vigilare sui ricoverati per provvedere alle loro necessità, ma ancor più per evitare che qualcuno potesse recedere dall’originario intento, magari denunciando i fatti alle forze dell’ordine. Dopo il ricovero dei fratturati, si apriva la fase amministrativa e burocratica dell’istruzione della pratica assicurativa entrando in scena i vertici dell’associazione, che curavano la presentazione delle richieste di risarcimento presso le compagnie assicurative e la successiva suddivisione delle “quote” del premio da liquidare. In questa fase peraltro poteva trovare spazio talvolta la cessione della pratica assicurativa, completa degli atti peritali e dei referti medici, ad altri soggetti ritenuti membri di vertice dell’associazione criminale, che acquistavano la pratica liquidando al “venditore” una quota, così da assumere in prima persona la gestione della fase risarcitoria.

I nomi degli spaccaossa

I vertici del clan sono stati individuati Carlo e Gaetano Alicata, padre e figlio, Filippo Anceschi, Salvatore Arena detto “Mandalà”, l’avvocato Graziano D’Agostino, il perito assicurativo Mario Fenech, Gioacchino Campora detto “Ivan”, Salvatore Di Liberto, Vittorio Filippone, i fratelli Alessandro e Natale Santoro, Alfredo Santoro detto “Lello”, Piero Orlando detto “SH”, Vincenzo Peduzzo, Salvatore Di Gregorio, Domenico Schillaci detto Emanuele e Giovanna Lentini. A ciascuno di loro viene riconosciuto un ruolo fondamentale: si occupavano di finanziare le frodi per le quali anticipavano le spese occorrenti e della suddivisione tra i complici delle quote derivanti dai risarcimenti assicurativi. Alla rottura delle ossa erano deputati altri complici, “specializzati” nell’infliggere le fratture alle “vittime”. Tra questi figurano Giuseppe Di Maio detto “fasulina”, Antonino Giglio detto “Tony u’ pacchiune”, Gesuè Giglio, Alfredo Santoro detto “Lello”, Cristian Pasca.

Il gruppo criminale poteva avvalersi pure dell’opera di altri complici incaricati di predisporre con cura la scena dei falsi sinistri, trovando i veicoli da utilizzare, reclutandone i conducenti, e assoldando gli eventuali testimoni. Una volta realizzata la scena del finto incidente questi si occupavano anche dell’assistenza medica delle “vittime” fratturate controllando che non si sottraessero agli impegni presi con l’associazione. Questi i loro nomi: Vincenzo Cataldo, Monia Camarda, Orazio Falliti, Gaetano Girgenti, Alfonso Macaluso, Benedetto Mattina, Giuseppe Mazzanares, Maria Mazzanares, Rita Mazzanares, Salvatore Mazzanares, Giuseppa Rosciglione, Mario Modica, Antonino Saviano, e infine le sorelle Maria e Letizia Silvestri.

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FONTE

 

Falsi incidenti stradali, prescrizioni e assoluzioni

Il tribunale di Verona ha chiuso la vicenda che vedeva imputati avvocati di Napoli e Avellino

falsi incidenti stradali prescrizioni e assoluzioni

Si è conclusa nel tardo pomeriggio di giovedi scorso con prescrizioni e assoluzioni stabilite dal Tribunale di Verona, la lunga vicenda processuale che ha visto coinvolti una trentina di imputati, tra cui una decina di avvocati del Foro di Napoli e di Avellino, accusati, a vario titolo, di aver messo in piedi una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di truffe ai danni della Cattolica Assicurazioni.
In particolare, una dozzina i sinistri stradali “sospetti” che erano finiti sotto la lente di ingrandimento della Procura di Verona che aveva chiesto, a giugno 2009 con l’allora Procuratore Giovanni Pascucci, il rinvio a giudizio per una trentina di persone, tutte campane, coinvolte secondo l’accusa in una serie di incidenti falsi con conseguenti richieste risarcitorie avanzate alla Cattolica Assicurazioni. I sinistri, sempre secondo l’accusa, sarebbero stati organizzati a tavolino da alcuni avvocati i quali, spesso anche all’insaputa dei loro ignari clienti, avrebbero utilizzato i dati in loro possesso (fotocopie di carte di identità, codici fiscali, certificazioni mediche, copie di libretti di circolazione e quant’altro) per avanzare richieste risarcitorie in nome e per conto dei loro assistiti, spesso del tutto all’oscuro.
Dopo 8 anni di processo e circa 20 udienze, con l’escussione di decine di persone tra testimoni e periti, il tribunale di Verona, presieduto dalla dottoressa Isidori, ha dovuto dare atto della intervenuta prescrizione per quasi tutti i capi di imputazione aventi ad oggetto fatti risalenti agli anni 2006 e 2007.
Soltanto per un capo di imputazione, relativo alla posizione di due avvocati, uno di Napoli (A.S.) ed uno di Avellino (B.S.), il tribunale scaligero ha dovuto sentenziare nel merito non essendo ancora maturata la prescrizione.
I due professionisti, difesi dall’avvocato Rolando Iorio, sono stati assolti per non aver commesso il fatto.

Paola Iandolo

Massa, truffe a enti pubblici e assicurazioni: 17 arresti e 130 indagati

Tra le persone finite in manette ci sarebbero liberi professionisti, lavoratori dipendenti e operatori sanitari

Sono 17 le ordinanze di custodia cautelare, di cui 4 in carcere e 13 agli arresti domiciliari, in corso di esecuzione con un’operazione condotta dai carabinieri e dalla questura di Massa e coordinata dalla procura, nei confronti di due associazioni per delinquere operanti nel territorio apuano e nelle province di La Spezia, Lucca e Pistoia. Secondo l’accusa i due gruppi criminali avrebbero messo in piedi un vasto giro di truffe ai danni di Enti pubblici locali e compagnie di assicurazione. Tra le accuse anche episodi estorsivi e di corruzione. Le forze dell’ordine stanno effettuando anche alcune perquisizioni. Gli arresti sono stati eseguiti nel territorio apuano, a Lucca e a Milano e, secondo quanto appreso riguardano una serie di soggetti tra cui liberi professionisti, lavoratori dipendenti e operatori sanitari.

Nell’operazione, coordinata dalla procura di Massa, le persone indagate sono 130 con ben 159 capi d’accusa. Tra i diciassette finiti in carcere o ai domiciliari vi sarebbero, secondo quanto appreso, avvocati di Massa, medici legali delle assicurazioni e medici specialistici che lavorano in strutture sanitarie del capoluogo apuano, un appartenente alla polizia municipale. Arrestati anche un investigatore privato con agenzia a Milano, specializzato nel ramo dell’infortunistica stradale, un Pr di un noto locale del litorale versiliese, operai e titolari di stabilimenti balneari. Tra i reati contestati anche quello di associazione per delinquere finalizzata al fraudolento danneggiamento dei beni assicurati, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, falsità materiale ed ideologica commessa da pubblico ufficiale e da privato, estorsione ed abuso d’ufficio.

Durante l’inchiesta, denominata “Il botto” e iniziata nel 2015, sono stati contati 100 falsi incidenti e si stimano danni per 3 milioni di euro, tutti accertati, a carico delle compagnie assicuratrici.  Nel blitz di questa mattina sono state coinvolte 80 unità delle forze dell’ordine per far eseguire 17 ordinanze di custodia cautelare, di cui quattro in carcere e 13 agli arresti domiciliari. Inoltre risultano 130 denunciati, tra cui anche vere e proprie comparse per simulare i falsi incidenti in strada con una specie di set cinematografici.

La procura ha fornito un filmato realizzato dagli investigatori in cui si vedono i conducenti di due mezzi mettersi d’accordo per simulare l’incidente, l’arrivo dell’ambulanza e il trasporto dei finti feriti all’ospedale, dove, dice l’accusa, medici compiacenti firmavano falsi certificati che poi venivano utilizzati per chiedere i risarcimenti. Il sostituto procuratore Alessandra Conforti, che ha coordinato le indagini, ha descritto due associazioni per delinquere, che avrebbero lavorato insieme per creare ad arte un sistema di cui “questa indagine è solo la punta dell’iceberg”.

FONTE

Frodi assicurative, operazione Tantalo: i nomi delle undici persone fermate

Nel mirino della polizia sono finiti anche un’infermiera del Civico. Provocavano lesioni e fratture a “vittime” compiacenti per ottenere risarcimenti fino a 150 mila euro

Due organizzazioni spietate che procuravano fratture e lesioni a vittime compiacenti per chiedere rimborsi alle compagnie assicurative. Undici le persone fermate, tra cui l’infermiera del reparto di Neurologia del Civico Antonia Conte.

Ecco la lista completa:

Giuseppe Burrafato, nato a Termini Imerese, 27 anni;
Michele Caltabellotta, nato a Palermo, 45 anni;
Antonia Conte, nata a Palermo, 51 anni;
Michele Di Lorenzo, nato a Palermo, 36 anni;
Francesco Faija, nato a Palermo, 37 anni;
Isidoro Faija, nato a Palermo, 35 anni;
Salvatore La Piana, nato a Palermo, 49 anni;
Francesco Mocciaro, nato a Palermo, 50 anni;
Giuseppe Portanova, nato a Palermo, 41 anni;
Antonino Santono, nato a Palermo, 47 anni;
Massimiliano Vultaggio, nato a Palermo, 48 anni.

Undici fermi per truffe alle assicurazioni, l’Aicis: “Caltabellotta non è un iscritto”

Con una nota l’Associazione italiana consulenti infortunistica stradale chiarisce che il signor Michele Caltabellotta, fermato nell’ambito dell’operazione Tantalo condotta dalla polizia, non è un consulente di infortunistica né un perito assicurativo in quanto non iscritto all’apposito ruolo

Undici fermi per truffe alle assicurazioni, l’Aicis: “Caltabellotta non è un iscritto”
„In merito al servizio pubblicato lo scorso 8 agosto dal titolo Operazione tantalo, i nomi delle undici persone fermate per frodi l’Aicis, l’Associazione italiana consulenti infortunistica stradale – ci segnala che “il signor Michele Caltabellotta non è né un consulente di infortunistica stradale né un perito assicurativo in quanto non iscritto all’apposito ruolo. Tale figura professionale che è, invece, ben regolamentata nel nostro ordinamento legislativo, prevede per l’abilitazione, un tirocinio formativo biennale obbligatorio, un complesso esame di Stato e precisi requisiti di alta moralità. A difesa dei propri associati, quindi, l’Aicis intende far presente che nonostante il frequente uso improprio che si fa di tale titolo, il perito assicurativo è un professionista molto preparato che opera in proprio con diligenza, correttezza e trasparenza, anche contribuendo in maniera significativa e a rischio della propria incolumità personale, allo smascheramento delle vere frodi assicurative negli incidenti stradali e nautici. Si ribadisce, quindi, che il signor Michele Caltabellotta non è né un consulente di infortunistica stradale né un perito assicurativo”.

FONTE: PALERMO TODAY

Scoperto sito truffa per verificare l’autenticità delle polizze rca

Il sito veniva impiegato per attestare falsamente l’autenticità di polizze contraffatte. E il fenomeno delle false polizze Rc auto dilaga, con 12 siti truffa scovati dall’IVASS nel solo mese di gennaio

Il fenomeno dei siti che propongono false assicurazioni auto, generalmente temporanee, sta dilagando. Da inizio anno, e quindi da meno di un mese, l’IVASS ha scovato sul web ben 12 siti di intermediari assicurativi falsi che spacciano polizze rca che non hanno nessun valore – in quanto non riconducibili a intermediari iscritti al Registro Unico degli Intermediari Assicurativi (RUI) – e che lasciano totalmente scoperto l’automobilista. Ma la truffa ha fatto anche un “salto” di qualità. L’IVASS ha infatti scovato anche il sito http://www.coperturaveicolo.it, utilizzato per attestare falsamente l’autenticità di polizze contraffatte promosse e commercializzate tramite falsi siti internet In pratica l’automobilista che incappava in questo sito il per verificare l’autenticità di una polizza “sospetta” veniva a sua imbrogliato da questo sito che ne certificava l’autencità. Per avvalorare le informazioni nell’home page del sito appare un presunto copyright “ANIA Italia”. L’ANIA – Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ha formalmente disconosciuto la titolarità del sito.

Riportiamo la “lista nera” dei siti truffa identitifcati a gennaio:

www.ferrariassicurazioni.it

www.bolognesiassicurazioni.it

www.coperturaveicolo.it

www.assicurazioniriccio.com

www.europeaassicurazioni.it

www.assicurazionimonte.it

www.serenaassicurazioni.com

www.polizzetemporanee.it

www.piottibroker.it

www.barattiniassicurazioni.it

www.landiassicura.it

www.martiniassicura.it

FONTE CAR CARROZZERIA

Pesaro, truffa alle assicurazioni: in 7 pagano, altri 5 vanno a giudizio. Primo caso di indennizzo per evitare la denuncia.

   PESARO – Tre incidenti stradali sospetti, 12 persone coinvolte e altrettante finite davanti al giudice per con l’accusa di truffa alle assicurazioni. Cinque i rinvii a giudizio mentre in 7 hanno scelto di optare per il risarcimento del danno che consente di estinguere il reato in base alla nuovissima norma che per la prima volta è stata applicata a Pesaro.
Tutto è partito da un’indagine dell’assicurazione Hdi che ha assoldato un’agenzia investigativa privata per vigilare su alcuni risarcimenti richiesti dai clienti. Secondo l’accusa gli indagati avrebbero aggiustato le dinamiche degli incidenti per ottenere dei risarcimenti.
Somme peraltro tenute in stand by e mai ricevute in attesa delle conclusioni delle indagini. Tutti risultano incensurati e di età compresa fra i 25 anni e i 60. Alcuni di loro erano alla guida, altri erano semplicemente dei passeggeri. Che avrebbero, dopo l’incidente, trovato un accordo tra loro. Alla base delle indagini tre episodi distinti, non collegati fra loro. L’unico indagato con precedenti per truffa alle assicurazioni è un carrozziere di Montecalvo in Foglia. Lui stesso ha preferito arrivare a una transazione con l’assicurazione, riparando il danno, per estinguere il reato anziché essere rinviato a giudizio.

Napoli, finti incidenti per ottenere rimborsi: maxi truffa alle assicurazioni

Le indagini hanno svelato un vero e proprio sistema collaudato che, tramite la dichiarazione di falsi incidenti o di sinistri avvenuti in modo differente da quanto dichiarato, si faceva rimborsare dalle assicurazioni, truffano le maggiori compagnie italiane. Nove persone sono state arrestate.

Era una vera e propria associazione a delinquere, operante con un sistema collaudato che, però, è stato scoperto dalle forze dell’ordine. Questa mattina, agenti della Polizia di Stato hanno dato esecuzione a nove mandati di custodia cautelare emessi dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura. L’attività investigativa ha infatti permesso di accertare, tramite intercettazioni telefoniche e acquisizioni di atti e documenti, l’esistenza di una associazione a delinquere dedita alla truffa delle compagnie assicurative italiane, nella provincia di Napoli, diretta dall’avvocato Gianluca Piccirillo del Foro di Napoli, legale specializzato nel trattare casi di sinistri stradali.

Nella fattispecie, gli inquirenti hanno notato che l’avvocato Piccirillo, quasi in maniera seriale, denunciava incidenti mai avvenuti, oppure verificatisi con modalità differenti da quelle dichiarate, al fine di ottenere dalle compagnie assicurative rimborsi che in realtà non gli spettavano. Per farlo, il legale si avvaleva di una serie di collaboratori fidati che lo aiutavano ad inscenare i sinistri posticci. Sugli atti processuali, poi, venivano apposte marche da bollo che le indagini hanno rivelato essere contraffatte.

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