Genova – Da una decina d’anni, ormai, non v’è differenza tra le banche dati del servizio PRA gestito dall’Aci, l’Automobile club d’Italia, e quella degli uffici della Motorizzazione, emanazione sul territorio del ministero delle Infrastrutture. Ed è la decisione di mettere mano a questa anomalia tutta italiana la principale novità del pacchetto di misure nel settore dei trasporti contenuti dalla Legge di stabilità da poco approvata dal Parla
Il Pra, nato in piena epoca fascista, con un decreto del 1927, ha resistito alle epoche e a ogni tentativo di ottimizzazione, dei quali quelli tentati dall’ex ministro Pier Luigi Bersani nel 2000 e nel 2007 – i più strutturati in un mare di progetti di legge ed emendamenti puntualmente naufragati – sono sicuro i più celebri. Perché, quindi, questa volta, dovrebbe funzionare? Quella che tecnicamente è un’unificazione di due registri gemelli – ma, a causa di altri limiti della burocrazia italiana, non sempre aggiornati con le stesse informazioni – porta con se due elementi di ottimismo. Il primo, solo di riflesso: la stretta alla finanza pubblica impone di risparmiare ogni cent, e l’assetto attuale delle banche dati automobilistiche non va in questa direzione. Secondo: la Legge di stabilità contiene stavolta una scadenza precisa.
Il tutto si annuncia molto complicato. Perché, intanto, entra in gioco il destino di circa 3 mila dipendenti – 35 nella sede di Genova – che si occupano per conto dell’Aci della gestione del Pra e che non a caso, una volta sbucato l’emendamento, hanno occupato la sede del Partito democratico a Roma. Il numero dei lavoratori negli ultimi anni è in caduta libera, ma è pur sempre un esercito che non può essere cancellato. Chi farà cosa se l’archivio sarà unico?
Una certezza c’è: l’attuale funzionamento sfiora vette di autentico delirio. E non è soltanto per la differenza tariffaria, fra Pra (l’ultimo ritocco, del 30%, invero ferme dal 1994, è della primavera scorsa ndr) e Motorizzazione, per far partire pratiche identiche. Né per l’assenza di alcune informazioni in un registro o nell’altro, un prodotto del flusso di informazioni irregolare, perché alcune modifiche – come cambi di residenza e demolizioni di veicoli – possono essere comunicati all’uno o all’altro ufficio, con (rispettivi) aggiornamenti non sempre fulminei. Le vere “perle” si celano altrove. Come giudicare ad esempio la navetta delle targhe delle auto da radiare, che i demolitori usano portare al Pra e che il Pra a sua volta trasporta, a mezzo corriere – pagando, ovvio – agli uffici della Motorizzazione di Sampierdarena? O, ancora, perché tenere in piedi una sede, quella di via Stefano Turr a Quarto – un immobile affittato da privati a prezzi di mercato – per un servizio che potrebbe essere svolto altrove, senza particolari aggravi? Non è infine del tutto vero, come sostenuto dai difensori del Pra, che si tratti di una macchina che si autosostiene. Parte degli introiti – un esempio per tutti: la funzione di “esattore” per conto delle Province dell’imposta di trascrizione, svolta dal Pra a pagamento – sono a tutti gli effetti fondi pubblici. Tutto senza calcolare il tempo che viene sprecato, facendo la spola tra un ufficio e l’altro.
Roberto Sculli
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IL SECOLO XIX
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