Le 10 lezioni che ho imparato da Steve Jobs su Life &Leadership

Screenshot 2014-03-01 08.16.58  E ‘un peccato che un visionario come Steve Jobs non stia camminando in mezzo a noi . Questo ricorda veramente a tutti noi come la vita è breve e preziosa. Proprio come non ci sarà mai un altro Parks Rosa , Wayne Gretzky , Nelson Mandela , o Gandhi , non ci sarà mai un altro Steve Jobs . Qui di seguito ci sono dieci lezioni di leadership che ho imparato da Steve nel  breve tempo che abbiamo avuto insieme .

1 . semplificare

Jobs ha chiesto che l’iPod non avesse  alcun pulsante, compreso un interruttore on / off .  Questo sembrava inverosimile  per gli ingegneri che lavorano al progetto,  ma Jobs non avrebbe cambiato idea . Gli ingegneri sono stati spinti ai loro limiti e di conseguenza le loro menti si sono ispirate. Jobs indica “che è stato uno dei miei mantra/focus la semplicità. Semplice può essere più difficile che complesso: Devi lavorare duro per mantenere il pensiero pulito per renderlo semplice. Ma ne vale la pena , alla fine, perché una volta arrivati ​​lì , si possono spostare le montagne . ”

2 . Il potere del ” NO”

Jobs è stato altrettanto orgoglioso dei tanti prodotti che ha eliminato nel corso degli anni, tra quelli che erano stati successi monumentali. A un certo punto ha lavorato sodo su un dispositivo simile al Palm Pilot, ma ugualmente eliminato nel concentrarsi sul mercato della telefonia cellulare. Il risultato fu l’iPod e iPhone. Oggi , la nostra azienda crea mensilmente un elenco “progetti da non fare “.

3 . Il denaro è sopravvalutato

“Essere l’ uomo più ricco del cimitero non ‘  a me importa… andare a letto la sera dicendo che abbiamo fatto qualcosa di meraviglioso .. questo è quello che conta per me . ”

L’innovazione non ha nulla a che fare con quanti dollari avete destinato alla Ricerca e Sviluppo. Quando Apple si avvicinò con il Mac , IBM stava spendendo almeno 100 volte di più in R. e S. Non si tratta di soldi. Si tratta di persone che hai, come si sta a concentrazione, e quanto si ottiene. [ Fortune , 9 novembre 1998 ]

4 . Non è quello che dici: è come lo si dice

Jobs fu un incantatore anche nelle parole chiave e nei lanci di prodotto. Il “suo” fattore mancante è palpabile quando non è sul palco.

Non tutti i prodotti sono la sua amministrazione stati i più all’avanguardia sul mercato, ma i consumatori percepirono come se lo fossero.  Parte di questo era data dalla segretezza che Jobs pretendeva  intorno ai prodotti . Questo segreto ha alimentato i desideri dei consumatori  per i prodotti, una volta che sono stati pubblicizzati.

Questo è il punto critico – la percezione diventa realtà . Parte del successo di Jobs si è basata sul concetto che ” I vostri clienti sognano una vita più felice e migliore. Non muovere prodotti. Invece percepiscono che quel  prodotto arricchire la vita . ”

5 . Riconoscere le Buone Idee

Jobs e Apple non hanno creato il mouse del computer , il podcasting o il touch screen , ma hanno riconosciuto il loro valore e integrate queste innovazioni nei loro prodotti . A volte non si tratta di inventare la “cosa” si tratta di inventare un modo per rendere la “cosa” migliore .

6 . Evita la Maggioranza

Le azioni di Jobs hanno esemplificato il mantra “se la maggioranza avesse sempre ragione  saremmo tutti ricchi” . Come Henry Ford prima di lui ha indicato « Se chiedo al pubblico quello che vuole direbbe un cavallo più veloce “,  il gruppo di Jobs in genere lo ha evitato e ha dato al pubblico ciò che pensava avesse  bisogno . Questo ha funzionato per la maggior parte del tempo , quando non c’era un’opzione sicura prima del progetto c’erano delle  lezioni con lui .

” Ecco i pazzi , i disadattati , i ribelli , i facinorosi , i pioli rotondi in fori quadrati … perché quelli che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo , sono quelli che lo fanno. ”

7 . Mangia il Tuo Pranzo

C’è un detto nella Silicon Valley che dovete mangiare il vostro pranzo prima che qualcun altro lo faccia . Jobs ha avuto la convinzione di fare questo con l’introduzione di iPhone, ben sapendo che avrebbe come ha cannibalizzare le vendite della nave ammiraglia iPod . Lasciare la strada vecchia  per abbracciare l’ignoto è una vera prova di leadership.

8 . Tendere alla perfezione

La notte prima dell’apertura del primo negozio Apple,  a Jobs non piaceva l’aspetto delle piastrelle così le staccò tutte e le fece sostituire. Anche prima del lancio dell’ iPod ha voluto che tutti i jack per le cuffie fossero sostituiti in modo che fossero più “Cliccanti “.

9 . Piccole Squadre

Jobs non ha voluto che la sua squadra iPhone si conformasse con le nozioni preconcette di tutto il mercato della telefonia mobile e ha collocato la squadra in un edificio separato . Questo urtò alcuni dipendenti che quindi non furono  selezionati, ma i risultati sono inconfutabili .

Il team originale Macintosh aveva 100 membri . Ogni volta che ha raggiunto 101 membri avrebbero dovuto rimescolare e rimuovere qualcuno dalla squadra. la convinzione di Jobs era che lui riusciva a ricordare solo 100 nomi . [ Fonte : Leaner Kahney, The 10 Commandments of Steve,” Newsweek , pagina 35 , settembre 2011]

10 . Segui Il Tuo Cuore

“Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita , avrei voglia di fare quello che sto per fare oggi ? ” E ogni qualvolta la risposta è stata “No” per troppi giorni di seguito, so che ho bisogno di cambiare qualcosa . “E ‘ triste pensare che Jobs è morto alla giovane età di 56 . Eppure la sua eredità vive nelle lezioni che ha instillato in altri, come me .

La mia speranza è che si trovino queste lezioni utili tanto da inserirle nella vostra vita, come ho e comincio a fare io.

10 Lessons I learned from Steve Jobs on Life & Leadership

It is unfortunate visionary Steve Jobs is no longer walking among us. It truly reminds all of us how short and precious life is. Just like there will never be another Rosa Parks, Wayne Gretzky, Nelson Mandela, or Gandhi, there will never be another Steve Jobs. Below are ten leadership lessons that I learned from Steve in our short time together.

1. Simplify

Jobs demanded that the iPod not have any buttons on it; including an on/off switch. This seemed implausibility for the engineers working on the project, but Jobs wouldn’t bend. The engineers were pushed to their limits and as a result the scroll wheel was inspired. Jobs indicates “that’s been one of my mantras — focus and simplicity. Simple can be harder than complex: You have to work hard to get your thinking clean to make it simple. But it’s worth it in the end because once you get there, you can move mountains.”

2. The power of “NO”

Jobs is just as proud of the many products he killed over the years as the ones that were monumental successes. At one point he worked hard on a device similar to the Palm Pilot, but appropriately killed it to focus on the cell phone market. What resulted was the iPod and iPhone. Today, my company monthly create’s a “Don’t Do These Projects” list.

3. Money is overvalued

“Being the richest man in the cemetery doesn’t’ matter to me…Going to bed at night saying we’ve done something wonderful..that’s what matters to me.”

Innovation has nothing to do with how many R&D dollars you have. When Apple came up with the Mac, IBM was spending at least 100 times more on R&D. It’s not about money. It’s about the people you have, how you’re led, and how much you get it. [Fortune, November 9, 1998]

4. It’s not what you say; it’s how you say it

Jobs keynotes and product launches spellbound audiences. The missing “it” factor is palpable when he’s not on stage.

Not all products under Jobs were the most cutting edge on the market, however consumers perceived them to be. Part of this was Jobs overzealous demand of secrecy around products. This secrecy helped feed consumers desires for the product once they were revealed.

That is the critical point – perception becomes reality. Part of Jobs success was based on the notion that “Your customers dream of a happier and better life. Don’t move products. Instead, enrich lives.”

5. Recognize Good Ideas

Jobs and Apple did not create the computer mouse, podcasting or the touch screen, but they recognized their value and integrated these innovations into their products. Sometimes it’s not about inventing the “thing” it’s about inventing a way to make the “thing” better.

6. Shun the Majority

Jobs actions epitomized the mantra of if the majority was always right than we’d all be rich. Like Henry Ford before him who indicated “If I asked the public what they wanted they would say a faster horse,” Jobs typically eschewed focus groups and gave the public what he thought they needed. This worked the majority of the time, when it didn’t it was a chance for him to fail forward into the next project taking the lessons with him.

“Here’s to the crazy ones, the misfits, the rebels, the troublemakers, the round pegs in the square holes… because the ones who are crazy enough to think that they can change the world, are the ones who do.”

7. Eat Your Own Lunch

There is a saying in Silicon Valley that you need to eat your own lunch before someone else does. Jobs had the conviction to do this with the introduction of the iPhone, knowing full well it would and did cannibalize the sales of the flagship iPod. Letting go of the familiar and embracing the unknown is a real test of leadership.

8. Strive for perfection

The night before the opening of the first Apple store, jobs didn’t like the look of the tiles so he had them all ripped up and replaced. Right before the iPod launch job also had all the headphone jacks replaced so that they were more “clicky.”

9. Small Teams

Jobs didn’t want his iPhone team to be muddled with pre-conceived notions around the mobile market and had the team placed in a separate building. While this rubbed some employees the wrong way for not being selected, the results are irrefutable.

The original Macintosh team had 100 members. Whenever it reached 101 members they would have to reshuffle and remove someone from the team. Jobs belief was that he could only remember 100 names. [Source: Leaner Kahney, The 10 Commandments of Steve,” Newsweek, page 35, September, 2011]

10. Follow Your Heart

“If today were the last day of my life, would I want to do what I am about to do today?” And whenever the answer has been “No” for too many days in a arrow, I know I need to change something.” It’s sad to think that Jobs passed at the young age of 56. Yet his legacy lives on in the lessons he’s instilled in others, like me.

My hope is you find these lessons as helpful as I have and begin to incorporate them into your life.

Erik Q.

Truffa alle assicurazioni sulle supercar: arrestati a Milano ex primario e il figlio

Coinvolti Andrea De Amicis e il padre Aldo, rispettivamente nipote e cognato del presidente della Provincia, Podestà. Lamborghini e Bentley risultavano rubate, ma in realtà venivano rivendute all’estero wpid-424360_6647_big_Polstrada5.jpg

Il pezzo forte era una Bentley Continental, ufficialmente superaccessoriata. Assicurata ai Loyd’s di Londra per la bella cifra di 350mila euro. Uno delle 62 fuoriserie acquistate FRA il 2008 e il 2011 dalle società Cavallino Sport e Nuova Santa Valeria dell’imprenditore Andrea De Amicis, 42 anni, nipote del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà (estraneo a ogni accusa). De Amicis è rinchiuso in carcere al termine di un’operazione coordinata dal pm Mauro Clerici e condotta dagli investigatori della polizia stradale. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Le auto — si è scoperto grazie a una denuncia formalizzata dai Loyd’s — dopo l’acquisto e dopo aver ottenuto un contratto di leasing, sparivano con un furto simulato dai complici di De Amicis. Solo una tappa della destinazione finale: secondo l’accusa finivano per essere smerciate su mercati esteri. Un giro che sarebbe fruttato diversi milioni di euro a discapito di assicurazioni e società di leasing, secondo quanto emerge dall’ordinanza firmata dal gip Cristina Di Censo. Agli arresti domiciliari sono finiti anche l’avvocato Egidio Pastore, 78 anni, studio in via Caldare; la sua segretaria Anna Rita Greco e il padre di De Amicis, Aldo (che ha sposato la sorella di Podestà). De Amicis senior, oggi in pensione ma per anni primario del Fatebenefratelli in Ortopedia, è accusato di aver imposto ad alcuni medici del suo reparto le auto che vendeva il figlio. Apparivano come semplici intestatari di contratti che spesso non venivano nemmeno onorati. L’elenco di auto acquistate è impressionante. Porsche, Lamborghini Gallardo, Bmw X5, uno svariato numero di Bentley, versione extralusso. Acquistate, poi assicurate per cifre superiori al reale valore, «sovraffatturando il prezzo di vendita mediante l’indicazione di una falsa serie di optional e allestimenti non veritieri», avrebbero permesso a De Amicis e a Pastore di spartirsi poi il premio assicurativo e, con la complicità di alcuni indagati a piede libero, ottenere anche il prezzo di vendita all’estero. Gli arresti, leggendo l’ordinanza d’arresto, sembrano essere solo una tappa dell’indagine. Restano da scoprire anche i broker assicurativi che si sono prestati a sottoscrivere contratti di leasing palesemente gonfiati, ma anche l’iter seguito per l’immatricolazione al Pra (il registro automobilistico).

di EMILIO RANDACIO

Truffa milionaria sui mutui Il pm chiude la maxi inchiesta

False perizie per «gonfiare» dei prestiti mai rimborsati Verso il rinvio a giudizio di tre immobiliaristi bresciani  Irrisolto il nodo delle presunte complicità di alto livello

False perizie e stime «gonfiate»: era un giro milionario

False perizie e stime «gonfiate»: era un giro milionario

Perizie compiacenti avevano trasformato dei ruderi in case di lusso gonfiando in modo fraudolento il valore degli immobili. Attraverso acquirenti di comodo, riuscirono a ottenere dalle banche mutui rimborsati poi solo in minima parte. In questo modo truffarono dieci istituti di credito e riuscirono ad intascare cinque milioni di euro attraverso 42 raggiri messi a segno nel Cremonese e nel Bresciano dal giugno del 2006 fino all’estate del 2011.
Ora la procura ha chiuso l’indagine nei confronti di settanta indagati, tra cui cinque professionisti finiti un anno fa in manette nell’ambito dell’inchiesta «Domus» della Guardia di finanza di Cremona, coordinata dal sostituto procuratore Fabio Saponara. Fra i presunti registi della truffa figurano un immobiliarista di Rovato e due di Manerbio. Per loro e altre 67 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, si va verso la richiesta di rinvio a giudizio. Dieci venditori degli immobili al centro della truffa – uno residente in Franciacorta e tre nella Bassa – sono usciti dall’inchiesta. Assistiti dall’avvocato Paolo Carletti, hanno dimostrato di essere stati vittime e non complici del raggiro, ha detto l’avvocato Paolo Carletti. Il blitz scattò nel maggio del 2013, quando furono arrestati Cristian S. e la sua compagna Simona D., entrambi residenti a Ostiano. In cella finirono anche i titolari di tre agenzie immobiliari: Stefano B. e Mario S. di Manerbio e Pierluigi T. di Rovato. Tutti sono attualmente in libertà.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il meccanismo della truffa era semplice «ma – si leggeva nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip, Guido Salvini -, seriale e portata avanti con grande capacità organizzativa in un momento in cui era facile accendere mutui». Individuate le case da acquistare, generalmente immobili fatiscenti, i titolari delle agenzie stilavano false perizie di stima. Poi assoldavano i compratori fittizi, pregiudicati o sinti reclutati nei campi nomadi di Pavia, come Athos, 30 anni, nipote di Mafalda, «la regina dei rom» morta nel ’77. Contraffatte erano anche le attestazioni di reddito degli acquirenti di comodo.
OTTENUTO IL MUTUO, gli immobiliaristi intascavano la differenza fra il prezzo reale e quello gonfiato, ne consegnavano una parte ai complici neointestatari della casa che nel frattempo si erano resi irreperibili, interrompendo il rimborso del prestito fondiario. Quarantatre gli episodi contestati: fra questi compravendite ad Alfianello, Cerveno, San Gervasio, Urago d’Oglio, Verolanuova, Pontevico, Seniga, Borgo San Giacomo, Gambara, Milzano, Comezzano-Cizzato, Rovato e Palazzolo.
Nell’indagine restano alcuni punti oscuri. «Non vi è dubbio alcuno che gli indagati, per portare a compimento la truffa – ha scritto fra l’altro il Gip -, potevano contare stabilmente su non ancora individute complicità di funzionari di banca, promotori finanziari, professionisti incaricati della stima degli immobili nonchè sui notai incaricati di redigere i contratti».

R.PR.

Le società con professionisti

Dove si scopre che l’Italia è più liberista degli U.S.A.

Come noto, l’ultimo provvedimento del defunto governo Berlusconi L_183_2011, approvata in fretta e furia sotto il tintinnar di spade dell’Europa e dei mercati. Tra le pieghe del provvedimento (art.11) c’è anche la riforma, potenzialmente dirompente, delle società tra professionisti.

L’Italia è un paese bizzarro. Di una riforma delle professioni e della necessità di inserire nel nostro ordinamento le società tra professionisti si parlava da anni: innumerevoli convegni, disegni di legge, tavoli di concertazione ai ministeri della Giustizia e dello Sviluppo Economico, levate di scudi in difesa della qualità della prestazione, insomma, una questione complessa su cui si scontravano differenti visioni dell’attività professionale. Ebbene, tutto ciò è stato spazzato via nel giro di pochi giorni, in sostanziale assenza di qualsiasi dibattito. Il ché non è necessariamente un male, perchè di dibattiti si può anche morire, ma, insomma, un minimo di valutazione condivisa non avrebbe fatto male.
Comunque, oggi la società tra professionisti è viva e lotta insieme a noi, proviamo dunque a capire di cosa si tratti. Per far questo, dobbiamo partire da lontano e precisamente da Benito Mussolini, il quale nel 1939 fece approvare una legge che ha (aveva) regolato sino ad oggi tutte le professioni ordinistiche.

Il succo di questa legge era:

  • la possibilità per i professionisti iscritti in ordini professionali di associarsi solo nella forma dello “studio associato” e non in altre forme societarie;
  • il divieto di società interprofessionali, vale dire, per esempio,  che erano ammessi studi associati di commercialisti con commercialisti e avvocati con avvocati, ma non di avvocati con commercialisti;
  • divieto di avere associati non iscritti ai rispettivi albi/ordini/collegi  e, di conseguenza, il divieto di soci di puro capitale.

Il ”volto umano” della legge del 1939 era la necessità di garantire al cliente la personalità della prestazione del professionista e quindi la sua diretta responsabilità per l’attività svolta. La faccia cattiva era invece la necessità di impedire ai professionisti ebrei, cui le leggi razziali avevano vietato l’esercizio della professione, di tornare a esercitarla sotto il paravento societario.

Passato il fascismo la legge era rimasta in vigore. Per molto tempo non si è sentita la necessità di una modifica della normativa. In fondo, i ruoli sociali erano chiari e definiti, gli imprenditori facevano gli imprenditori, i professionisti i professionisti e che tra tra i due mondi non vi fosse nulla in comune era un dogma non scalfito dal dubbio. Ciascun professionista svolgeva la sua professione nel suo studio, spesso con pochi collaboratori e raramente in forma associata, garantito da un sistema di regole, tariffe e, anche, comune sentire, che lo rendeva immune dal “mercato”.

Le cose però cambiano e anche le professioni e i professionisti sono cambiati in Italia. Citando da un precedente post, “mentre in passato il professionista era sostanzialmente selezionato nell’ambito di una ristretta èlite, oggi non è più così, e così come si è avuta una università di massa, si assiste anche al fenomeno del “professionista di massa”, con numeri di tutto rispetto, dato che si va dai circa 200.000 avvocati ai circa 100.000 commercialisti-ragionieri, il ché lascia pensare che non è così difficile conseguire il titolo e che vi sia tutto sommato scarsa selezione in entrata.” E, aggiungiamo, non sempre adeguato controllo sulla qualità della prestazione.

Da un lato, dunque, si è enormemente allargata l’offerta di servizi professionali e, contemporaneamente dall’altro, sulla spinta dell’Europa e, banalmente, della realtà economica di tutti i giorni, parole come “concorrenza” e “impresa” hanno cominciato a entrare nel lessico comune delle professioni. Del resto, così come le imprese si sono trovate a competere in mercati sempre più interconnessi, anche le professioni si sono dovute confrontare con realtà in passato non immaginabili: studi legali inglesi che aprono filiali in Italia, società di ingegneria tedesche che acquisiscono commesse da noi, farmaci che si possono acquistare su internet, dentisti rumeni che offrono prezzi stracciati per dentiere impiantate a Bucarest. Anche le differenze che una volta tenevano separate le varie attività professionali sono poi diventate  sempre più sfumate e molte attività hanno cominciato a sovrapporsi tanto che, nonostante la legge del 1939 sia rimasta in vigore sino a ieri, sono già oggi frequenti studi professionali “misti” (avvocato/commercialista, architetto/ingegnere/geometra e così via), così come per poter restare sul mercato, gli studi hanno sempre più necessità di investimenti in capitale e personale.

Insomma, che qualcosa dovesse cambiare era opinione, se non comune, comunque diffusa. In questo scenario si inserisce ora la novità introdotta dalla legge di stabilità anche se, a onor del vero, già all’epoca del primo governo Prodi la legge “Bersani” aveva formalmente abrogato l’art. 2 della legge del 1939 che vietava le società tra professionisti. Il successivo regolamento, però, che doveva stabilire le modalità di costituzione di tali società, fu bocciato dal Consiglio di Stato e quindi l‘abrogazione era rimasta sulla carta. La legge di stabilità ha oggi abrogato integralmente la legge del 1939 e dettato una (veramente scarna e frammentaria) disciplina delle “società tra professionisti”, rimandando a un successivo regolamento, da emanarsi entro sei mesi, la disciplina di alcune importantissime questioni, che sembrano di dettaglio, ma in realtà hanno estrema rilevanza.

Cosa prevedono le nuove norme? In primo luogo si consente l’esercizio in forma societaria di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, utilizzando uno qualunque dei modelli societari previsti dalla legge (società semplice, in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni, cooperativa). L’attività professionale deve essere esercitata in via esclusiva dai soci che possono anche appartenere a diversi ordini: sarà possibile per esempio, una società cui partecipano un avvocato, un commercialista e un ingegnere. Inoltre, ed è questa la dirompente novità, i soci non devono necessariamente essere tutti professionisti. La legge consente infatti che di tali società facciano parte anche soggetti non professionisti, sia pure soltanto per prestazioni tecniche o finalità di investimento e quest’ultima finalità, di fatto, rende superflua la precedente limitazione. È scomparsa, rispetto a una precedente versione del testo normativo, un’importante limitazione relativa ai soci non professionisti: questi, ora,  per entrare a far parte della società, non dovranno possedere una partecipazione di minoranza.

Sarà pertanto possibile, da un lato, che una società di professionisti veda quale socio di assoluta maggioranza un non professionista e, dall’altro, che tale socio assuma anche la carica di amministratore o, comunque, possa esprimere la maggioranza degli amministratori. Non esistono, inoltre, limitazioni sotto il profilo soggettivo: il non professionista socio potrà essere sia una persona fisica che, ad esempio, una società o un altro ente. L’incarico professionale, dice la legge, dovrà essere eseguito solo da soci che abbiano i requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta (es. avvocato, commercialista etc.). La designazione di tale professionista dovrà avvenire a cura dell’utente e, in mancanza, dovrà essere la società a indicare per iscritto all’utente il nominativo del professionista che eseguirà la prestazione richiesta. La legge demanda però al regolamento di stabilire criteri e modalità attuative di tale parte della norma. Si prevede, ancora, che il professionista cancellato dall’albo con provvedimento definitivo debba essere escluso dalla società, anche se, a una prima lettura della norma, sembra che vi potrebbe rimanere quale socio non professionista, di puro capitale, visto che, parlando la legge di “cancellazione con provvedimento definitivo” sembra riferirsi al caso in cui la cancellazione abbia operato come “sanzione” e non al caso in cui, per esempio, la cancellazione sia dipesa dalla cessazione dell’attività per raggiungimento dei limiti di età.

È previsto, infine, che si possa partecipare a una sola società tra professionisti e non è chiaro se tale limitazione si applichi solo ai soci professionisti o anche ai soci non professionisti; anche questo profilo dovrà essere disciplinato dal futuro regolamento. I soci professionisti e la stessa società saranno poi sottoposti al controllo degli ordini professionali di appartenenza dei singoli soci professionisti e di quello cui la società è iscritta. In astratto, data la possibilità di società interprofessionali, vi sarà il rischio di una sovrapposizione di controlli da parte di diversi ordini, perchè magari ciò che è ritenuto lecito dal collegio dei geometri, potrebbe essere ritenuto illecito dall’ordine degli ingegneri; anche su tale materia, tanto per cambiare, dovrà intervenire il regolamento attuativo.

Insomma, come si vede, la normativa nasce monca, dato che per molti aspetti operativi c’è da attendere il regolamento, ma comunque la legge è fatta e ci pare improbabile che il governo Monti possa insabbiare il regolamento di attuazione. È evidente che la principale novità della legge è data dalla previsione dei soci di capitale, che come visto possono essere anche di maggioranza e anche amministratori, tanto che, più che di “s.t.p.  – società tra professionisti” come la legge vuole che si indichi nella ragione sociale, ci pare più giusto parlare di “società con professionisti”. Su questo aspetto gli ordini professionali avevano alzato le barricate in occasione di tutti i precedenti tentativi di riforma, in difesa della libertà e indipendenza del libero professionista, temendo  l’intervento dei “cattivi capitalisti” nel dorato mondo delle professioni e la riduzione dei professionisti al rango proletario di meri stipendiati dei “poteri forti”. Intendiamoci, il rischio è concreto, ma esiste già oggi una strisciante “proletarizzazione” dei liberi professionisiti.

Il neo-avvocato assunto dalla filiale italiana del grosso studio legale inglese, l’ingegnare che va a lavorare presso la grande società di ingegneria o il farmacista che lavora alle dipendenze di un altro farmacista, tiitolare della farmacia, magari per averla ereditata, non vivono un rapporto tra pari con i titolari dello studio, ma di subordinazione e il fatto che i loro  “padroni” non siano dei  “capitalisti”, ma altri professionisti  non rende di molto differente, nè migliora, la loro posizione e il loro potere economico. C’è da dire che la legge si è spinta molto in avanti, ponendosi allo stesso livello – se non addirittura oltre – della legislazione più liberista in materia, vale a  dire quella inglese e australiana e certamente superando in liberismo le legislazioni di nazioni con sistemi giuridici più simili al nostro. Ecco alcuni esempi delle regole in vigore in Europa:

Germania: è consentita la s.r.l. (Gmbh) per gli avvocati (fino al 1998 era consentita la Partnerschfatsgesellschaft, cioè società di persone ma la giurisprudenza tedesca ammetteva qualsiasi forma societaria); sono astrattamente ammessi anche non professionisti, ma se  questi raggiungono la maggioranza, gli avvocati dovrebbero rifiutarne l’ingresso,  per evitare che possano esercitare un’influenza decisiva sullo svolgimento delle prestazioni.

Francia: la Sociètè d’exercise libèral (SEL), introdotta con legge  31 dicembre 1990, n. 90-1258, più volte poi modificata, consente la s.r.l., la s.p.a. (anche semplificata) e la s.a.p.a. (prima si ammettevano le sole società personali) per l’esercizio di professioni liberali; salvo alcune eccezioni, più della metà del capitale e dei diritti di voto devono però appartenere a professionisti.

Spagna: con la legge 15 marzo 2007 è possibile utilizzare una qualunque delle Sociedades de capitales (ma si riteneva consentito anche prima); anche in queste società la maggioranza del capitale deve appartenere a professionisti.

La normativa italiana è persino più liberista (da usare come complimento o offesa a seconda dei punti di vista) di quella che in gran parte degli USA regola le professioni legali. Anche in Amerika infatti, è vietato a non professionisti diventare soci di uno studio legale, tanto che contro questa regola uno studio legale di New York, Jacoby & Meyers, ha presentato ricorso innanzi le corti del New Jersey, Connecticut e New York chiedendone l’abrogazione (qui il link alla citazione).

La lettura dell’atto di citazione è molto interessante, perché ripete, anche al di là dell’oceano, esattamente gli stessi aspetti della questione che sino a pochi giorni fa era dibattuta in Italia.
Gli avvocati di Jacoby & Meyers affermano infatti che l’esperienza inglese e australiana (che come abbiamo visto consente i soci di capitali) ha smentito la tesi che i professionisti  possano essere coartati dagli eventuali investitori a compiere comportamenti non etici o ad anteporre il profitto agli interessi dei clienti, mentre al contrario la loro

“ability to raise the capital necessary to pay for improvements in technology and infrastructure and to hire additional personnel to serve the public is severely restricted by an out-dated Rule of Professional Conduct” (la capacità di raccogliere capitale per pagare i miglioramenti in tecnologia e infrastrutture e assumere personale addizionale per servire il pubblico è severamente ristretta da un’anacronistica regola di condotta professionale).

Vedremo cosa decideranno le corti statunitensi. Nel frattempo qui da noi il nodo gordiano è stato tagliato, e solo l’esperienza ci saprà dire se i professionisti si trasformeranno in semplici stipendiati di multinazionali dedite al profitto o se invece il mercato dei servizi professionali saprà approfittare delle novità, per migliorare la qualità dei servizi forniti alla clientela. Intanto,  poichè non dobbiamo dimenticarci che il vero motto dell’Italia è “tengo famiglia” è possibile che i nuovi strumenti verranno utilizzati in prima battuta non tanto per patrimonializzare gli studi o per favorire l’ingresso di nuovi soggetti, ma per per favorire quei figli scapestrati dei professionisti che non sono neanche stati capaci di laurearsi o di passare l’esame di abilitazione. In fondo, basta renderli soci di capitale ed ecco che la farmacia di mammà o lo studio legale di papà possono rimanere in famiglia. Poi, certo, il mercato farà la selezione, forse.

LA GESTIONE DEL RUOLO DEI PERITI ASSICURATIVI E’ PASSATA A CONSAP SPA

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A. Per il cittadino

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Consap, attraverso il ruolo dei periti assicurativi, detiene i dati dei soggetti (persone fisiche) abilitati a svolgere, in proprio, l’attività professionale volta all’accertamento e alla stima dei danni alle cose derivanti dalla circolazione, dal furto e dall’incendio dei veicoli a motore o dei natanti soggetti alla disciplina relativa all’assicurazione obbligatoria.

Sulla base delle comunicazioni effettuate dai periti, Consap assicura l’aggiornamento dei dati (nome e cognome, data di nascita, numero e data di iscrizione, codice fiscale, sedi operative) contenuti nel Ruolo, attraverso un’applicazione web presente sul sito aziendale. È possibile pertanto, consultare l’elenco degli iscritti al Ruolo secondo le seguenti chiavi di ricerca:

  • nome e cognome;
  • numero di iscrizione al Ruolo;
  • regione o provincia della sede operativa.

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B. Per i candidati al Ruolo

Al Ruolo dei periti assicurativi possono essere iscritti i soggetti che esercitano attività peritale in proprio e che abbiano effettuato il previsto tirocinio e superato la specifica prova di idoneità formalmente prevista al comma 3 dell’art. 158 del Codice delle Assicurazioni.

Per ottenere informazioni relativamente ai requisiti e alle modalità di iscrizione al ruolo e al tirocinio clicca qui.

Per visualizzare l’esito della prova di idoneità 2011 accedi all’area riservata dell’applicazione web.

C. Per gli iscritti al Ruolo

Per ottenere informazioni relativamente agli adempimenti, agli obblighi di comunicazione, alla cancellazione e alla reiscrizione, nonché sul tirocinio e sulla prova di idoneità clicca qui.